Il mondo ripone ancora una volta le sue speranze in un nuovo vertice sul clima, questa volta a Baku, in Azerbaigian, dove è iniziata la COP29. Questo evento, che durerà fino al 22 novembre, promette di essere fondamentale per gettare le basi per una risposta globale al cambiamento climatico. Tuttavia, un sentimento di incertezza pervade i primi colloqui, soprattutto a causa della mancanza di impegni concreti e dell’assenza di figure importanti come il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e altri leader importanti come Xi Jinping, che ha ha generato critiche e dubbi sull’efficacia dell’incontro.
La finanza climatica è senza dubbio il tema centrale di questo vertice. Le nazioni più colpite dal cambiamento climatico, soprattutto i paesi in via di sviluppo, sperano di ottenere un fermo impegno da parte dei paesi più ricchi per aiutarle a combattere e ad adattarsi agli effetti devastanti che stanno già cominciando a vedere nei loro territori.
Finanziamenti, una sfida necessaria
A Baku l’obiettivo è definire la somma di denaro che sarà mobilitata a partire dal 2025 per finanziare azioni contro il cambiamento climatico. L’obiettivo attuale, stabilito nel 2009, era quello di mobilitare 100.000 miliardi di dollari all’anno, una cifra che, sebbene ambiziosa all'epoca, non è stata raggiunta fino al 2022, e una parte significativa di questi fondi è stata fornita sotto forma di prestiti, il che ha aumentato il debito di molti paesi in via di sviluppo.
Le richieste attuali sono molto più elevate. Si stima che Saranno necessari tra 1 e 2,4 trilioni di dollari all’anno per affrontare la crisi climatica entro il 2030. I paesi in via di sviluppo, in particolare quelli più vulnerabili, insistono sul fatto che i fondi devono provenire dai paesi che storicamente hanno contribuito maggiormente alle emissioni di gas serra.
Il segretario esecutivo dell’area cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, Simon Stiell, è stato chiaro nel sottolineare che i finanziamenti per il clima “Non è un atto di carità, è un bisogno globale”. L’idea che le nazioni più ricche aiutino i più vulnerabili non è solo un atto di giustizia climatica, ma anche un investimento nella stabilità del pianeta. Se non agiamo rapidamente, gli eventi meteorologici estremi si intensificheranno, colpendo tutti, indipendentemente dalla ricchezza o dalla posizione geografica.
Un vertice segnato dalla geopolitica
La scelta di L’Azerbaigian che ospita la COP29 ha generato polemiche, soprattutto perché il Paese è un “petrostato”, con la sua economia basata sul petrolio e sul gas, il che lo pone in chiara contraddizione con gli sforzi per la transizione verso l’energia pulita. Oltre il 90% delle esportazioni dell'Azerbaigian proviene da combustibili fossili e il suo PIL dipende per il 64% da queste risorse, rendendolo uno dei principali esportatori di gas al mondo.
Inoltre, anche il presidente della COP29, Mukhtar Babayev, ex direttore della compagnia petrolifera statale Socar, è stato oggetto di critiche. La scelta di Babayev e dell’Azerbaigian di guidare questo vertice ha sollevato sospetti sulla possibile influenza degli interessi del petrolio e del gas nei negoziati sul clima.
Il pericolo di un anno senza precedenti
L’ultimo rapporto presentato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) ha aggiunto una nota di urgenza alle discussioni. Si prevede che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato, e la cosa più preoccupante è che quest’anno potrebbe essere il primo in cui la temperatura media globale supererà la barriera critica di 1,5 gradi Celsius, soglia che si vuole evitare secondo l’Accordo di Parigi.
Questi dati hanno rappresentato un “allarme rosso” per i leader mondiali e le organizzazioni non governative presenti a Baku. Gli effetti del riscaldamento globale si sono già fatti sentire con devastanti disastri naturali come le recenti piogge torrenziali a Valencia e in altre parti del mondo. Simon Stiell lo ha ricordato ai presenti “nessuno è immune da questa crisi”, e che gli eventi meteorologici estremi continueranno a colpire sia i paesi ricchi che quelli poveri se non verranno intraprese azioni decisive.
Un futuro incerto
Nonostante l’urgenza e la gravità della situazione, La COP29 non è stata esente da tensioni e disaccordi. Le differenze geopolitiche sono ancora presenti ai tavoli delle trattative. A livello internazionale, c’è preoccupazione per il ruolo che potrebbe svolgere Donald Trump, recentemente eletto presidente degli Stati Uniti, e la sua nota posizione scettica sui cambiamenti climatici. Nel suo mandato precedente, aveva ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, lasciando un divario significativo negli impegni di riduzione delle emissioni globali.
L'Unione europea ha chiarito che questo tema dovrebbe essere al centro delle discussioni e ha chiesto L’America non fa un passo indietro nella loro lotta contro il cambiamento climatico. L’Europa ha anche messo sul tavolo la necessità che i paesi emergenti come la Cina inizino a essere più attivamente coinvolti nei finanziamenti per il clima, poiché fino ad ora sono stati beneficiari dei fondi, nonostante fossero grandi emettitori globali.
Questi disaccordi, aggiunti alle critiche nei confronti dell’Azerbaigian come paese ospitante, fanno sì che le speranze siano riposte nel raggiungimento di un solido compromesso nei prossimi giorni. Resta da vedere se i leader mondiali saranno all’altezza della situazione e potranno raggiungere accordi che abbiano davvero un impatto significativo nella lotta al cambiamento climatico.
L’umanità è in lotta contro il tempo. La COP29 di Baku è vista come un’opportunità cruciale per promuovere la finanza climatica e ridefinire le responsabilità dei paesi nella lotta contro il riscaldamento globale. Tuttavia, messo in ombra dalle incertezze politiche e dall’influenza dei paesi dipendenti dai combustibili fossili, il futuro rimane incerto.